Ogni radioamatore ha sicuramente avuto modo di scontrarsi con le difficolta’ di comunicazione via radio quando le condizioni della banda peggiorano o a causa della propagazione che riduce i segnali utili dei corrispondenti o a causa delle interferenze di altre comunicazioni o semplicemente a causa del rumore derivante da varie fonti siano esse naturali o artificiali…..
E’ anche ben noto come una classica metodica per migliorare la comunicazione è quella di concentrare il massimo della “potenza di trasmissione” in una “banda di frequenze” sempre più piccola: il razionale è abbastanza semplice: se riduco la banda di trasmissione a parità di potenza trasmessa aumento il “rapporto segnale/rumore” in quanto con una banda più stretta diminuisce la potenza del rumore (per es. passando da AM/FM ad SSB); inoltre diminuendo la banda impegnata diminuisce anche la probabilità di andare in conflitto con un altro segnale di un altro radioamatore….
E’ quindi chiaro che l’ottenimento di una buona qualità di comunicazione dipende dal rapporto tra segnale e rumore: due famosi scienziati Shannon e Hartley nel corso del secolo scorso hanno trovato che esiste una relazione molto stretta tra banda e quantità di “informazione” che si può riuscire a trasmettere utilizzando quella banda: questa relazione si basa proprio sul rapporto tra segnale e rumore.
Tutti sappiamo che la classica modalità per “vincere” la concorrenza in condizioni di “pile-up” è stata sempre quella… di accendere il lineare 🙂 … per chi poteva permetterselo 🙁
Quanti di noi si sono incazzati nel soccombere difronte a chi “sparava i Kw”….
Non solo.. quante volte ci siamo incazzati a causa del QRM che derivava da fonti varie e che ci impediva di sentire il segnalino del corrispondente annegato nel rumore….
Purtroppo con i sistemi di modulazione e trasmissione tradizionali (AM, SSB, FM, CW) non c’era molto da fare… se non trovarsi una frequenza più confortevole 🙁
Con l’avvento delle metodiche di trasmissione digitali si è riprodotta esattamente la stessa tematica per cui è stato presto evidente che volendo trasmettere segnali sempre più “ricchi” ovvero di banda più larga ci si imbatteva nel problema della potenza necessaria per avere una comunicazione di qualità accettabile… infatti aumentando la banda di un segnale aumenta anche il rumore presente in quella banda…..
Il teorema di Shannon/Hartley implacabilmente ci dice che la capacità di un canale espressa in bit/sec è legata alla banda richiesta in Hz e al rapporto segnale/rumore da una precisa relazione…..
Come allora cercare, rimanendo nei limiti di quella relazione, di migliorare le cose ?
In particolare i nemici da combattere erano:
- il rumore ( sia di origine naturale che artificiale)
- le interferenze da altri segnali ( trasmissioni ) sia dello stesso tipo che di tipi diversi
- l’attenuazione dei segnali per effetto della propagazione, che spesso è variabile e produce “echi” multipli….
Nello stesso tempo le opportunità che si poteva cercare di cogliere erano:
- come far coesistere nelle stesse bande di frequenza trasmissioni di banda sempre maggiore senza creare interferenza tra le stesse
- come rendere “robuste” le comunicazioni contrastando le interferenze volute ( per es. il jammer …)
- come minimizzare le potenze da impiegare per avere una data “area di copertura”
E’ su queste premesse che sono nate una serie di nuove metodiche di modulazione tutte basate sul concetto di “processo” come metodo per ottenere i risultati voluti…. Dove per “processo” si intende l’utilizzo di “metodiche intelligenti” per impegnare lo spettro radio in modo da cogliere gli obiettivi voluti.
Paradossalmente la chiave di volta è stata quella di trasformare artificialmente il segnale da trasmettere in qualcosa che assomigliasse il più possibile ad un “rumore” sparpagliando l’energia del segnale utile su una banda di frequenza molto ampia…. il termine “spread spectrum” rende bene questa idea di fondo.
Ovviamente si è reso necessario inventare delle metodiche per far sì che questo “sparpagliamento” fosse reversibile: è proprio questo infatti che consente di distinguere il “segnale utile” da tutto il resto dei segnali non voluti che vengono quindi ridotti ad una sorta di “rumore”.
Il concetto che si è usato in pratica è stato quello del “correlatore”: se io mi aspetto una certa sequenza di “cose” in quello che ricevo, posso facilmente scoprire se quello che cerco è presente anche se immerso in un casotto infernale…. è come quando in mezzo alla folla comunico con il mio vicino sfruttando i movimenti delle labra o del corpo….. oppure quando cerco di seguire il cinquettio di un particolare uccellino cercando il suo “verso” tra tutti i cinquettii presenti nella zona….
In pratica la tecnica del correlatore mi consente di “riacchiappare” l’energia del mio segnale che è stata sparpagliata, annichilendo l’energia di tutto il resto dei segnali che non corrispondono alla mia sequenza di “sparpagliamento”.
Chiedo ovviamente scusa per il linguaggio tutt’altro che scientifico o puntigliosamente corretto, ma in soldoni il discorso si riduce a questo….
L’aver aperto la strada che abbiamo cercato di spiegare ha prodotto negli anni tutta una lunga serie di tecnologie di modulazione e trasmissione che hanno trovato ampia applicazione in tutta una serie di situazioni altrimenti senza soluzioni, sia in campo militare che in campo civile.
Non è ovviamente mio intento qui tediarvi ulteriormente con dettagli che eventualmente possono essere oggetto di altri articoli; quello che mi preme sottolineare è che sfruttando delle “tecniche di processo intelligente” delle informazioni da trasmettere, si può realizzare un vero e proprio “guadagno” in termini di rapporto segnale/rumore che consente di estendere significativamente il range di copertura ( per es. a parità di potenza trasmessa) ovvero di abbassare significativamente la potenza di trasmisisone a partità di zona di copertura.
Una espressione molto “colorita” è quella che si può sintetizzare nella frase: riuscire a ricevere perfettamente un segnale “sepolto” nel rumore….
è il miracolo delle tecniche di processo e di condizionamento dei messaggi da trasmettere sfruttando le proprietà della correlazione e della “ripetizione” intelligente dei messaggi stessi ( protezione dei messaggi con tecniche di “forward error correction” FEC).
Tutto quanto descritto è oggi possibile sfruttando le tecniche digitali ed in particolare le metodiche di implementazione di tipo “SDR Software Defined Radio”.
La significativa complessità di queste metodiche, grazie alle tecniche dei circuiti VLSI ( a larga scala di integrazione) , alle tecniche di “compilazione su silicio” ( Silicon Compilers ) e alle tecniche dei microprocessori e del SW in senso lato, non è più oggi un ostacolo insormontabile per la implementazione su scala industriale.
I problemi che si pongono sono ovviamente legati al costo in relazione alle prestazioni desiderate.
Un ulteriore importante fattore è quello del consumo di energia richiesto da questi sistemi; infatti esistono situazioni in cui per la tipologia di comunicazione richiesta non ha senso tenere attivi dei circuiti in attesa di comunicare… consumando inutilmente per es. l’energia di una batteria….
Tutto quanto accennato spiega il proliferare di una notevole mole di diverse soluzioni tecnologiche che semmai sfruttano gli stessi concetti, ma tentano di ottimizzare aspetti particolari della comunicazione in specifiche situazioni applicative.